"Curato nel dettaglio" è così sovrautilizzato, nella pubblicità, che ci ha assuefatto a qualcosa che in realtà è solo ordinario oppure anche scadente.
Nel linguaggio della pubblicità e del branding, certe espressioni vengono ripetute fino a perdere ogni forza. “Curato nel dettaglio” è proprio una di quelle formule, ormai svuotate di senso. Una promessa estetica che oggi non garantisce più nulla, se non una patina di finto valore.
(Come è fatto un portafogli da 650$ di una rinomata casa)
Un tempo, dire che un oggetto era “Curato nel dettaglio” significava qualcosa. Implicava artigianalità, attenzione, competenza. Il dettaglio non era un ornamento, ma l’espressione di una visione. Oggi, è una frase che si trova associata tanto a una pochette in poliestere quanto a un portone in PVC.
Il problema non è solo l’abuso, ma l’associazione sistematica a prodotti che non sono realmente curati. L'espressione viene usata per dare una parvenza di qualità a oggetti standardizzati, magari realizzati in fretta, in serie, con materiali scadenti. È diventata una bugia elegante, un modo per mascherare l’ordinario — o peggio, lo scadente — come se fosse “ricercato”.
"Curato nel dettaglio" significa creare anche gli strumenti, quando quelli esistenti non bastano. Come i miei punteruoli da taglio, sagomati a mano perché il foro abbia la forma giusta e, con esso, la cucitura il carattere desiderato.
"Curato nel dettaglio" non è una frase: è una cucitura che dura decenni.
È consegnare il prodotto già nutrito con le sostanze naturali che lo faranno durare più a lungo.
È l’impiego di materia prima senza compromessi, anche laddove l’occhio non riesce ad arrivare.
"Curato nel dettaglio": è un lavoro che firmo con orgoglio.